Logo di Chiaretta Kiki
Header di Chiaretta Kiki

Sogno o son desto? Il mondo astratto di David Lynch

20 Gennaio 2015

SOGNO O SON DESTO? IL MONDO ASTRATTO DI DAVID LYNCH

69 anni fa nasceva uno dei registi più ecclettici e astratti del mondo del cinema hollywoodiano: David Lynch.  Chi di voi non sa chi sia, non conosce il vero cinema. Chi non ha mai sentito parlare della serie (che presto tornerà in TV) di Twin Peaks? Brevemente, per coloro che non la conoscono, la serie è incentrata sulle indagini dell’agente dell’FBI Dale Cooper riguardo alla morte di Laura Palmer, una studentessa delle scuole superiori, indagine che finirà per rivelare i segreti dei numerosi abitanti del luogo. Lynch dirige sei episodi della serie incluso l’episodio pilota, ne scrive diversi e appare in alcuni come attore, nei panni dell’agente FBI Gordon Cole. E che dire del suo Velluto Blu? Il film è un mix tra thriller e noir davvero squisito: nel cast, troviamo una bravissima Isabella Rossellini, che interpreta una tormentata cantante di club, e Dennis Hopper, nel ruolo di un gangster crudele e sociopatico. Il film avrà un grande successo di critica, tanto che Lynch riceverà la sua seconda nomination agli Oscar come miglior regista, senza tuttavia, riuscire a strappare il premio a Oliver Stone, vincitore per Platoon.

Il film che, secondo me, ha più caratterizzato la filmografia di Lynch e per la quale viene ricordato facilmente è senza dubbio The Elephant Man. La storia è ispirata al personaggio di Joseph Merrick, un uomo affetto da terribili deformità congenite, che lo fanno apparire agli occhi della popolazione vittoriana di Londra come un elefante. L’uomo verrà aiutato dal dottor Frederick Treves (un giovane Anthony Hopkins), la quale cercherà in tutti i modi di renderlo una “persona normale”, accettata da tutti, anche da quelli che inizialmente lo guardavano con disgusto. La pellicola ha riscosso un grande successo alla 53ª edizione della cerimonia di premiazione degli Oscar, tanto da ricevere ben 8 nomination, e ha consacrato Lynch come uno dei più giovani promettenti registi degli anni ’80. Il protagonista, John Hurt, ha confessato che questa interpretazione l’ha particolarmente provato: 8 ore di trucco più una recitazione complessa, dovuta alle protesi poste sul suo corpo. Il risultato, però, è eccellente, uno dei più belli nel corso della storia del cinema e, per questo motivo, voglio condividere con voi, cari lettori, una delle scene più significative ed esplicative di tutta la storia.