LA
FORMA DELL’ACQUA – THE SHAPE OF WATER
Elisa
è una giovane affetta da mutismo da quando era una bambina e lavora come
addetta delle pulizie presso un laboratorio governativo statunitense, dove
vengono eseguiti esperimenti di varia natura per contrastare la Russia durante
il periodo della Guerra Fredda. Elisa ha solo due amici che, come lei, vivono
una vita emarginata e sono la collega di lavoro afroamericana Zelda e il vicino
di casa omosessuale Giles; Un giorno al laboratorio viene portata una cisterna
contenente una creatura anfibia dall’aspetto umanoide utilizzata per
esperimenti scientifici. Elisa, incuriosita dalla cosa, s’intrufola di nascosto
nella stanza e instaura, all’oscuro dei superiori, una relazione di amicizia
con la creatura, insegnandogli a parlare con la lingua dei segni e dandogli del
cibo.
Le
sorti della creatura però sono destinate a cambiare, a meno che Elisa non
riesca in qualche modo a salvarla dal terribile destino che l’aspetta…
Guillermo Del Toro ci riprova: dopo il Labirinto del Fauno,
ci riporta in un mondo tipicamente burtoniano, fatto di creature fantastiche, storie
d’amore impossibili e quel senso di gotico che affascina tanto lo spettatore. A
differenza del precedente film, questo ha una trama di facile comprensione e,
per certi versi, abbastanza scontata, ma così magica e dolce che è impossibile
non amarla. La protagonista, una bravissima Sally Hawkins, è affetta da mutismo,
ma la sua gestualità riesce a trasmettere le emozioni molto più di mille
parole, così come l’interpretazione di Richard Jenkins, nei panni di Giles –
l’inquilino gay di Elisa: l’attore riesce a trasmettere un senso di tenerezza
assoluta, tanto da provare compassione per la vita che il protagonista conduce.
La creatura, interpretata dal camaleontico Doug Jones, riesce ad entrare nel
cuore della ragazza e del pubblico, tanto da tifare per le sue sorti dall’inizio
alla fine della pellicola. La scenografia è curata nei dettagli, a partire
dagli abiti fino alle pubblicità che i protagonisti trovano in giro per la
città appese sui muri e la colonna sonora è un vero e proprio accompagnamento
di questa meravigliosa favola dolce-amara. Vedendo il film ci si sente di
vivere davvero negli anni ’60 insieme ai protagonisti e ci si immedesima facilmente
nei panni di Elisa e in quello che prova nei confronti della creatura: chiunque
avrebbe fatto la stessa cosa!
La pellicola, già
vincitrice della 74 edizione del festival del cinema di Venezia, è candidata
agli Oscar con ben 13 nomination, tra cui miglior film e regia e noi, cari
lettori, non possiamo far altro che fare il tifo per questa dolce storia d’amore!
VOTO: 9